Fonte: Cantiereterzosettore.it – Con la risoluzione n. 115/E/2024 l’Agenzia delle entrate è tornata sul tema del trattamento fiscale delle quote versate ad un’associazione di promozione sociale (Aps) dai tesserati della rete associativa (o dell’organizzazione nazionale) cui l’ente aderisce, confermandone la de-commercializzazione.
La risposta, rispetto ad altri precedenti orientamenti di prassi, ha qualche elemento di novità, che è utile esaminare brevemente.
Il caso
Il quesito riguarda un’associazione di promozione sociale aderente ad un’Aps nazionale, presso cui accedono alle attività sociali due categorie di “partecipanti”: gli associati e gli iscritti. Sia gli uni che gli altri sono tesserati dell’Aps nazionale, presso la quale hanno “tutti i medesimi diritti e doveri”.
Gli iscritti versano all’Aps locale due tipologie di somme, da questa giudicate entrambe non sottoponibili a tassazione, e che riguardano:
- la quota annuale di “iscrizione”, parte della quale è riversata all’associazione nazionale quale quota di tesseramento;
- i corrispettivi specifici per la fruizione delle attività educative erogate dalla stessa Aps locale.
Le norme applicabili
L’Agenzia ricorda, in primo luogo, che pur trattandosi di un ente di Terzo settore, la norma oggi da applicare rimane l’art. 148 del Tuir, in quanto la disposizione del codice del Terzo settore presso la quale questa ha trovato sede di rifusione, ossia l’art. 85, è notoriamente destinata ad entrare in vigore a “decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea di cui all’articolo 101, comma 10 […]” (art. 104, co.2 Cts).
L’art. 148 stabilisce rispettivamente:
- che le quote associative “versate dagli associati o partecipanti …omissis… non concorrono a formare il reddito complessivo”
- che i corrispettivi specifici versati dagli associati, ma altresì dai tesserati delle organizzazioni nazionali cui l’Aps aderisce, sono de-commercializzati se riferiti alla fruizione di attività svolte in diretta attuazione degli scopi associativi
La condizione per l’applicazione dei benefici elencati è subordinata, come è noto, alla presenza in statuto di una serie di clausole (comma 8 dell’art. 148) destinate ad assicurare democrazia, uguaglianza e pari opportunità degli associati, principio-guida anche della regolamentazione degli enti associativi presso il codice del Terzo settore.
L’orientamento di Agenzia delle entrate
Secondo l’Agenzia, entrambe le somme versate all’Aps locale sono irrilevanti per il fisco.
Ai contributi specifici versati dal tesserato nazionale si applica lo stesso trattamento di de-commercializzazione che il Tuir riserva ai corrispettivi dell’associato, in applicazione del principio della “circolarità della tessera associativa” tra enti che partecipano alla vita democratica dell’associazione nazionale, principio che presuppone l’uguaglianza dei diritti dei tesserati presso questa.
Le quote di iscrizione sono invece assimilate al trattamento delle “quote associative” che tuttavia, come abbiamo visto, il Tuir riserverebbe solo alle somme versate dagli associati (con pienezza di diritti) e ai “partecipanti”.
L’assimilazione restituita, in assenza di un rapporto associativo incardinato sui diritti partecipativi, produce l’effetto di de-tassare non solo la quota riversata dall’Aps locale all’organizzazione nazionale quale tesseramento, ma anche quella che la stessa Aps trattiene a titolo di iscrizione.
© Foto in copertina di Enrico Genovesi, progetto FIAF-CSVnet “Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano”