Di Eleonora Camilli – Redattore Sociale – Superare il sistema binario tra la gestione dello Stato e quella degli enti locali, bloccare la proliferazione dei centri di accoglienza straordinaria, garantire standard adeguati e uniformi, valorizzare il ruolo delle famiglie, attuare una progettazione condivisa, istituire una modalità permanente di consultazione del terzo settore. Sono sei le proposte per riformare il sistema di accoglienza italiano, presentate oggi dal Tavolo Asilo in una conferenza stampa a Roma.
“La nostra proposta nasce da un’indagine che abbiamo realizzato interrogando gli operatori e le operatrici che lavorano nei progetti territoriali – spiega Filippo Miraglia di Arci e coordinatore del Tavolo Asilo e immigrazione -. Quest’anno ricorrono i vent’anni della legge Bossi-Fini, una delle riforme legislative peggiori della storia dell’immigrazione in materia di asilo. In quella riforma, che puntava a ridurre lo spazio dei diritti degli stranieri, legandone la presenza a un contratto di lavoro, gli ultimi due articoli introducevano il sistema di accoglienza unico per richiedenti asilo e rifugiati. Eppure in tutti questi anni non si è riusciti ad abbandonare un approccio emergenziale per strutturare un sistema che risponda realmente alle esigenze del nostro paese e delle persone che arrivano qui a chiedere protezione – aggiunge Miraglia -. Le recenti vicende legate alla crisi ucraina hanno dimostrato che il sistema non è in grado di rispondere adeguatamente, il Governo ha affidato la gestione alla Protezione civile e a distanza di 4 mesi la risposta è stata marginale. La stragrande maggioranza delle persone è accolta da privati, amici e parenti”.
La proposta dettagliata di riforma dell’accoglienza parte da un punto fondamentale: superare il sistema binario. Come spiega Gianfranco Schiavone presidente dell’Ics di Trieste e membro di Asgi, “oggi c’è una chiara distinzione di competenza tra stato e autonomie locali. Ma nella prassi vige una confusione totale su chi deve fare cosa”. Per questo il Tavolo Asilo chiede un trasferimento delle funzioni amministrative ai Comuni per la gestione ordinaria dell’accoglienza territoriale e trasformare il Sai (Sitema di accoglienza e integrazione) da programma a sistema unico. Inoltre, secondo le organizzazioni che compongono il Tavolo bisogna superare la volontarietà da parte degli enti locali nell’assumere la scelta su se e quando aderire nonché uscire dal sistema di accoglienza. “Questo ha impedito negli anni che il sistema si sviluppasse, diventando un programma nazionale di accoglienza diffusa e integrata – aggiunge Schiavone -. E’ altresì difficile per un amministratore locale coscienzioso aderire a un progetto di accoglienza se è in un territorio in cui altri non lo fanno anche per ragioni elettorali e di propaganda. Tutti, invece, devono essere chiamati a fare la loro parte”.
In secondo luogo si chiede di fermare l’infinita proliferazione dei cas, i centri prefettizzi per l’accoglienza straordinaria ed attuare un programma nazionale per il loro progressivo superamento. Per farlo sarà necessario investire le regioni della responsabilità di attuare il trasferimento delle competenze, anche attraverso l’istituzione di una cabina di regia regionale che coinvolga le prefetture, Anci e una rappresentanza del terzo settore. Si chiede anche di adottare subito alcune concrete misure di incentivo agli enti locali che intendono aderire al Sai, prevedendo in particolare l’assegnazione di un contributo economico periodico pluriennale.
Il terzo punto della riforma riguarda la modifica dei capitolati di gestione dei cas per garantire standard adeguati ed uniformi su tutto il territorio. Si chiede poi di superare la logica dello scambio utilitaristico nella gestione dei servizi di accoglienza e attuare una progettazione condivisa tra enti locali e il terzo settore. Il quinto punto riguarda il riconoscimento del valore e la promozione dell’accoglienza in famiglia all’interno del sistema istituzionale. “Dai primi anni 2000 si sono sviluppate esperienze indipendenti all’interno delle famiglie italiane ma ad oggi tutto questo rimane a livello di sperimentazione – sottolinea Fabiana Musicco, direttrice di Refugees Welcome -. Vogliamo invece che siano considerate all’interno di un piano accoglienza”. Infine, la riforma pensata dal Tavolo asilo si chiude con la richiesta dell’istituzione in modalità permanente di consultazione degli enti di terzo settore.